La Cannabis e la giurisdizione del Bel Paese

CANNABIS E LA LEGGE ITALIANA

Negli ultimi anni, nel Bel Paese ci sono state molte movimentazioni riguardo alla legalizzazione della cannabis. Dal 2016 ad esempio vi è stato un cambio quasi radicale con l’apertura dei primi CBD shop e con la possibilità di acquistare qualsiasi prodotto a base di esso. 

Ma ci sarà mai un cambio davvero radicale? Sarà mai legalizzata la cannabis in tutto per tutto in Italia?

Partiamo con un piccolo riepilogo di tutte le leggi e cambiamenti fatti:

Il tema della cannabis è molto complesso: gli interventi normativi e giurisprudenziali susseguitisi negli anni sono molteplici. Alla base dei provvedimenti vi è l’esigenza di contrastare il mercato della droga e il pericolo di una sua diffusione incontrollata: il bene giuridico primario tutelato dall’autorità statale è la salute pubblica, considerata come “la risultante della sommatoria della salute dei singoli individui” (Corte cost. sent. n. 109 del 2016). 

Il codice Zanardelli del 1889 non conteneva alcun divieto specifico in materia di stupefacenti, ma si limitava a reprimere la vendita e la circolazione di cose pericolose per la salute umana.

È con la legge n. 396 del 1923, recante “Provvedimenti per la repressione dell’abusivo commercio di sostanze velenose aventi azione stupefacente”, che è stata introdotta per la prima volta nell’ordinamento italiano la nozione di “sostanza stupefacente”. 

La normativa, emanata a seguito della ratifica in Italia della Convenzione internazionale dell’Aja sull’oppio del 1912, sanzionava la vendita e  la somministrazione al pubblico di “cocaina, morfina, loro composti o derivati, e, in genere, sostanze velenose che in piccole dosi hanno azione stupefacente. L’assuntore era punito nel caso in cui avesse partecipato “a convegni di persone che si riuniscono per darsi all’uso di sostanze tossiche stupefacenti”. Della nozione di “sostanze stupefacenti” mancava, però, una definizione univoca: già allora fu introdotta una nozione normativa, dovendosi intendere per stupefacente la sostanza inserita in un elenco predisposto dal Ministero dell’interno e integrabile previo parere del Consiglio superiore di sanità. 

Con la legge n. 1041 del 22 ottobre 1954, recante “Disciplina della produzione, del commercio e dell’impiego degli stupefacenti”, vennero, invece, punite tutte le possibili condotte riguardanti gli stupefacenti, anche la detenzione per uso personale. Durante il regime fascista furono introdotti nel codice Rocco i delitti di commercio clandestino e fraudolento, di agevolazione dolosa dell’uso di sostanze stupefacenti e due ipotesi contravvenzionali (per l’abuso delle sostanze stupefacenti e di loro consegna ai minori di anni sedici). L’assuntore veniva sanzionato solo se colto in stato di grave alterazione psichica da abuso di sostanze stupefacenti in luogo pubblico, aperto al pubblico o in circoli privati. Il successivo r.d.l. n. 151 del 1934, convertito dalla legge n. 1145 del 1934, abrogò poi la legge del 1923, ampliando il catalogo delle condotte penalmente rilevanti per l’oppio, la coca, la canapa indiana e le altre sostanze o preparazioni stupefacenti.

La legge n. 1041 del 1954, recante “Disciplina della produzione del commercio e dell’impiego degli stupefacenti”, rappresenta una prima riforma della materia, che rimase in vigore per un ventennio: furono inasprite le sanzioni penali e fu sanzionata anche la detenzione ad uso esclusivamente personale. Nonostante le critiche avanzate alla normativa, l’equiparazione – attraverso la locuzione chi “comunque detiene” – tra consumatore (il detentore senza fini di lucro) e detentore per finalità lucrative fu ritenuta ragionevole dalla Consulta, che si pronunciò con la sentenza n. 9 del 1972: per la Corte non si trattava “di situazioni diametralmente diverse, ma tra loro concorrenti, rispetto al piano d’azione che il legislatore si è chiaramente proposto”; è, infatti, “innegabile il nesso che l’una e l’altra azione unisce nelle cause e negli effetti, con influenze reciproche e condizionanti”.

La normativa venne, poi, abrogata dalle leggi n. 685 del 1975 e n. 162 del 1990 (c.d. legge Iervolino-Vassalli), poi coordinate tra loro nel d.p.r. n. 309 del 1990, Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, testo tuttora in vigore con modifiche. 

Con le due leggi era stato istituito il sistema del c.d. “doppio binario sanzionatorio”: il trattamento sanzionatorio era stato diversificato in base alla distinzione tra droghe c.d. “pesanti” e droghe c.d. “leggere”, individuate secondo il sistema tabellare. È stata, inoltre, prevista la non punibilità dell’acquisto e della detenzione di sostanze stupefacenti e psicotrope se finalizzate all’uso terapeutico, per quantità non eccedenti le necessità di cura e introdotta la circostanza attenuante della “modica quantità”. Il criterio tabellare è ancora oggi ritenuto valido anche dalla giurisprudenza di legittimità per l’individuazione della sostanza stupefacente: da ultimo nel 2015 la Corte di Cassazione ha ricordato come “nell’attuale ordinamento penale vige… una nozione legale di stupefacente: sono soggette alla normativa che ne vieta la circolazione tutte e soltanto le sostanze specificamente indicate negli elenchi appositamente predisposti”. 

L’individuazione delle sostanze stupefacenti vietate in virtù del d.p.r. n. 309 del 1990 è demandata al Ministero della salute, nell’esercizio di un potere amministrativo di discrezionalità tecnica. Il T.U. ha abolito la nozione di “modica quantità” e ha introdotto il concetto di “dose media giornaliera” come discriminante fra la detenzione di stupefacente ad uso personale non terapeutico tollerata, sanzionata esclusivamente in via amministrativa, e quella invece penalmente rilevante. Ha, inoltre, definito un inasprimento dei trattamenti sanzionatori, ampliato le condotte vietate e introdotto la circostanza attenuante della lieve entità del fatto (sulla base della distinzione tra droghe “pesanti” e “leggere”). Con il Referendum del 18 e 19 aprile del 1993, ratificato con d.p.r. 5 giugno 1993, n. 171, l’uso personale tornò a non essere reato, a prescindere dalla dose media giornaliera. Nel 2006 il T.U. è stato modificato dalla legge n. 49 (c.d. legge “Fini-Giovanardi) di conversione del d.l. n. 272 del 2005. In particolare, è stata eliminata la distinzione tra droghe “pesanti” e droghe “leggere” e ridisegnato il sistema tabellare: nella tabella I sono stati inseriti gli oppiacei, i derivati della cannabis indica e le droghe di sintesi; nella tabella II i medicinali contenenti stupefacenti o sostanze psicotrope in grado di creare dipendenza.

La Corte costituzionale ha però nel 2014, con la sentenza n. 32, dichiarato incostituzionale il sistema delineato dalla legge Fini-Giovanardi a causa della non omogeneità tra le norme originarie del decreto legge facendo ritornare in vigore le tabelle originariamente previste dall’art. 73 e il sistema del doppio binario sanzionatorio. Da ultimo nel 2014, con il d.l. n. 36 del 2014, è stato rimodulato il sistema tabellare in quattro tabelle concernenti le sostanze stupefacenti e psicotrope e riformulati i criteri di formazione delle stesse. È stata, inoltre, introdotta una diversa tabella per i medicinali a base di sostanze stupefacenti o psicotrope. La cannabis naturale e i suoi derivati sono inseriti nella tabella II, considerate come droghe “leggere”, mentre nella sezione B della tabella dei medicinali sono inclusi i medicinali di origine vegetale a base di cannabis (sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture). È stato, infine, introdotto il comma 1-bis nell’art. 75 del T.U., per la destinazione ad uso esclusivamente personale delle sostanze stupefacenti. La Corte costituzionale, con sentenza n. 40 del 2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, del T.U. nella parte in cui prevede la pena minima edittale della reclusione nella misura di otto anni invece che di sei. 


Invece in questi ultimi tre anni come sta andando avanti la campagna sulla legalizzazione?

Uno dei momenti che hanno dato una bella scossa sia all’opinione pubblica che alla politica, ovvero il Referendum sulla Cannabis, portata avanti dal deputato di +Europa Riccardo Magi. 

Il Referendum era composta da:

  • Abrogazione parziale di disposizioni penali e di sanzioni amministrative in materia di coltivazione, produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti
  • Abrogazione del Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309, avente ad oggetto “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”, limitatamente alle seguenti parti:
  • articolo 73 (Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), comma 1, limitatamente all’inciso “coltiva
  • articolo 73 (Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), comma 4, limitatamente alle parole “la reclusione da due a 6 anni
  • articolo 75 (Condotte integranti illeciti amministrativi), limitatamente alle parole “a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni.

Vi fu una raccolta firme davvero impressionante più di 600.000, ma che furono poi vanificate dalla Corte Costituzionale.

Perché è stato bocciato il referendum sulla cannabis?

Alla Corte si chiedeva una pronuncia su una proposta specifica di referendum abrogativo, secondo i promotori del referendum sulla cannabis, l’unica via era cancellare la parola “coltiva” dal testo sugli stupefacenti in cui gli articoli dedicati alla cannabis e quelli in cui si elencano altre droghe sono legati a doppio filo. Una strategia che però ha affossato il referendum. All’epoca la Corte aveva stabilito che vadano escluse dal reato di coltivazione di stupefacenti “le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica” che “appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore”. Dettagli, che però hanno portato alla bocciatura.

 

In conclusione, la legalizzazione sarà una dura battaglia, ma niente è perduto… La maggior parte della popolazione è a favore della legalizzazione, uno dei gesti più recenti è quello successo al Festival di Sanremo, con Fedez e J-Ax che urlano a gran voce di legalizzarla in tv nazionale. Insomma il popolo ormai ne è convinto, riusciremo a convincere anche i politici che hanno preso il comando in quest’ultimo periodo?

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